SUCCEDE IN MEDIO ORIENTE – Le guerre raccontano storie popoli contro popoli, di bombe contro bombe, di miserie contro miserie, di invocazioni di pace che si scontrano con l’indifferenza di tanti e gli interessi di altrettanti. Brutte storie… Poi, ecco uno spiraglio di luce che aiuta a vedere come al di là delle bombe ci siano possibilità di gesti solidali, di parole di pace, di qualcosa da fare insieme per alleviare le sofferenze provocate dai conflitti. Oggi questo spiraglio s’è aperto a Jenin, in Palestina, dove da decenni una guerra non dichiarata, subdola e atroce oppone popoli fratelli. A Jenin, racconta la cronaca, dal 2010 è attiva un’associazione nata per aiutare i più deboli, soprattutto bambini, offrendo un servizio di trasporto gratuito verso gli ospedali.
Tutto sarebbe normale se i fatti si svolgessero in Paesi normali, ma qui siamo in Medio Oriente, in Israele, dove niente è normale e dove popoli che hanno fatto insieme la storia si contrappongono: israeliani e palestinesi, gli uni contro gli altri… Ma qui, adesso, c’è però un dettaglio che merita di essere sottolineato: l’associazione che si occupa dei più deboli offrendo il trasporto verso gli ospedali è israeliana mentre gli assistiti sono palestinesi. Si chiama “Road to recovery” ed è un’associazione israeliana. Sì, abbiamo scritto bene: un’associazione israeliana. Che aiuta malati palestinesi. A riprova del fatto che per promuovere la riconciliazione nelle zone del mondo turbate da decenni di conflitto, come è il Vicino Oriente, bastano gesti di carità e disponibilità, bastano “artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia”, bastano cuori aperti agli altri…. Da sola, infatti, un’idea di pace fondata su rispettive competenze, fatta di interventi affidati alle varie istituzioni della società, ciascuna secondo la propria visualità, non basta. Servono, invece, percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite”. Percorsi come quelli che hanno permesso ad Adam e a tanti altri piccoli palestinesi come lui, di vedere e toccare un mondo diverso…
E’ bella la storia di Adam, un bambino di sei anni completamente dipendente dalla madre. Adam percepisce l’amore, la dedizione e l’affetto della sua mamma. Lo percepisce, lo guarda, ma non lo vede, perché Adam ha un tumore oculare e dove vive lui non è così semplice curarsi. Questo bimbo abita nel villaggio di Jalbun, a est di Jenin, in Palestina. E sebbene l’Autorità nazionale palestinese paghi i trattamenti sanitari dei pazienti, tuttavia non copre i costi del trasporto da e per gli ospedali. Un costo che, per molte famiglie di Jenin e dintorni, può essere proibitivo.
Fortunatamente ad aiutare Adam e tanti altri malati c’è l’associazione “Road to recovery”, fondata nel 2010 e con 1.200 volontari a disposizione che ogni giorno accompagnano in auto o in pullman i pazienti palestinesi, principalmente bambini, fino agli ospedali israeliani, affinché possano ricevere le cure necessarie. In casi particolarmente gravi, l’associazione supporta le famiglie in difficoltà anche con l’acquisto di attrezzature mediche e organizza vacanze e gite per tutti i pazienti. “Il cuore della nostra associazione sono i volontari che ogni giorno si rivolgono a chi ne ha bisogno, offrendo un’opportunità di guarigione attraverso un semplice gesto: guidare!”, si legge sul sito dell’associazione. E i risultati si vedono: solo nel 2020, ad esempio, l’associazione ha fatto circa 10.000 viaggi, ciascuno realizzato per assistere piccoli pazienti palestinesi, in tutto quasi quindicimila.
INTANTO IN EUROPA IL VERTICE NATO… – A Vilnius, capitale della Lettonia, è in corso il vertice Nato che riunisce i leader di 31 Paesi del mondo, compreso il presidente americano Biden. Ieri al centro del confronto c’è stata l’adesione di Svezia e Ucraina. Tutti d’accordo sulla necessità di far posto alle due nazioni, ma con qualche distinguo sul come e quando attuare l’operazione. A Vilnius si discute attorno alle prospettive di pace da conquistare anche con il rafforzamento della Nato, in Ucraina la guerra d’invasione scatenata dalla Russia continua a mietere vittime e a seminare distruzione. Il calendario dice che oggi i giorni di guerra in Ucraina sono diventati 504 e anche che il futuro dell’Ucraina è nell’Alleanza Atlantica, che di fatto è già reale, ma che ha ancora bisogno di essere perfezionato.
Secondo il Segretario generale della Nato “quello che hanno concordato gli alleati è un messaggio positivo, forte e unito all’Ucraina di sostegno duraturo, ma anche un messaggio positivo per il percorso verso l’adesione. Esso include il pacchetto di sostegno pratico per consentire la piena interoperabilità tra le forze armate ucraine e quelle della Nato, lo stabilimento del Consiglio Nato-Ucraina e la decisione di rimuovere il requisito di un piano d’azione per l’ammissione, ciò significa che invece di due passaggi per diventare membri della Nato, ne basterà uno”. Cerfto, di tempi ancora non si parla, ma il calendario è evidentemente condizionato dall’andamento del conflitto perché, come ha ribadito Biden con tutta la sua Amministrazione, e come hanno concordato in molti, non è possibile l’ingresso nell’Alleanza di un Paese belligerante. Significherebbe automaticamente il coinvolgimento di tutto il dispositivo militare in appoggio al nuovo arrivato. Ed è qualcosa che nessuno vuole oggi mettere in conto.
Il cammino appare segnato dal punto di vista politico e per la Russia il bilancio non potrebbe essere peggiore, dato anche il via libera all’adesione di Stoccolma dopo la caduta del veto posto dalla Turchia (ricompensata dalla fornitura di F16 americani). L’accerchiamento di Mosca si concretizza quindi proprio per le mosse di Putin, che ha attaccato un Paese ben lontano dall’essere ammesso nell’Alleanza e aveva due nazioni storicamente neutrali come Finlandia e Svezia a fare da cuscinetto a Nord. Oggi si ritrova invece completamente isolato a Occidente.
Il punto pratico da dirimere è oggi come avvicinare una tregua in termini favorevoli all’Ucraina. Da Vilnius emerge la fermezza nel non permettere alla Russia di rivendicare la conquista di territori in violazione del diritto internazionale. Resta il dilemma su come portare fino in fondo il percorso senza allargare o prolungare indefinitamente il sanguinoso conflitto nel cuore dell’Europa.
(A cura di LUCIANO COSTA)